2.11.19

F-19: il Fake più famoso della Guerra Fredda



Proteggere totalmente un segreto militare oggi è difficile, molto difficile.
Ma già alla fine degli anni '80 Tom Clancy disse: "La verità è là fuori, basta solo connettere i puntini, riempire correttamente i buchi, e la trovi."
Internet ha permesso di creare un network di persone che dotate di spirito critico, solide basi (ripeto: solide) di conoscenza di alcuni argomenti ed eccellenti capacità d'investigazione sul web e non, è in grado di "connettere i puntini" su di un argomento specifico e giungere a conclusioni piuttosto corrette su di esso.
Ma quando Internet non era disponibile ai civili, era possibile raggiungere certi risultati su argomenti considerati Top Secret? Certamente, se si era individui dotati di un minimo di granu salis. 
Questa è la storia di un modellino di aereo che ha creato un business milionario e ha preoccupato il governo degli Stati Uniti, l'USAF e l'Unione Sovietica.

Siamo negli anni '70, la Guerra Fredda è una situazione politica ben consolidata e il Vietnam ha dimostrato al mondo che gli Stati Uniti non sono poi quella nazione così invincibile. Di tutte le lezioni apprese da questo amaro conflitto i vertici militari avevano posto l'accento su una in particolare: le forze aeree USA era estremamente vulnerabili alle difese aeree di tipo missilistico (SAM) con tecnologia Sovietica. Se fosse scoppiata la Terza Guerra Mondiale, l'USAF non avrebbe avuto modo di penetrare i radar dell'URSS se non a un prezzo altissimo di molteplici abbattimenti.

Nel 1974 iniziarono gli studi per creare un bombardiere tattico in grado di violare la copertura radar dei Russi. Il progetto doveva, ovviamente, essere coperto dal più alto grado di Segretezza. Con tutti i dati raccolti sulle prestazioni dei radar di inseguimento/tiro delle batterie SAM russe usate dal Vietnam del Nord (ma operate spesso da tecnici russi), gli Stati Uniti ebbero un database enorme di informazioni su cui lavorare.

Non è lo scopo di questo post descrivere la nascita dello F117A Nighthawk, ma la sua genesi risiede nelle righe precedenti.

Passarono gli anni e il programma di creazione di un prototipo volante proseguì spedito e, inevitabilmente, nell'ambiente iniziò a filtrare l'informazione che gli USA stavano lavorando ad un aereo "invisibile ai radar".

Giugno 1985.
Un cinquantenne molto in gamba di nome John Andrews, ingegnere e grandissimo esperto di aeronautica militare, ha un posto consolidato come capo designer in una delle aziende di modellismo più rispettate nel mondo: l'americana Testors. Sessant'anni di storia e successi commerciali, basati sui dettagli e la verosimiglianza dei suoi kit di montaggio per modellisti esperti, sono la carta d'identità di questa azienda.
Andrews era un tizio che leggeva avidamente libri di argomenti aeronautici e di geopolitica.
Dopo trent'anni spesi a studiare aerei militari per poi progettarne kit per modellisti, aveva sviluppato una cerchia di conoscenze nelle Forze Armate non indifferente.
Faceva parte della Aviation Space Writers Association e aveva creato un'associazione di esperti d’aviazione chiamata Golden Eagle Society. In questa associazione si poteva entrare solo per invito. (Per fare un parallelismo coi giorni nostri fate finta che sia una specie di gruppo privato di Facebook che però sia popolato solo da esperti veri e verificati, e non svogliati appassionati in cerca di informazioni facili e gratis. Ok, roba che non esiste, scusate.)
Grazie a questo suo "network" di conoscenze iniziò, già dal 1976, a collezionare e archiviare in modo organico qualsiasi informazione inerente a questa "tecnologia anti-radar".  Tutto iniziò quando la rivista Aerospace Daily riportò che il famoso ingegnere capo della Lockheed, Kelly Johnson, era stato richiamato dal pensionamento per lavorare su di un aereo "stealth".

Negli anni Andrews ebbe qualche chiacchierata informale con persone ben inserite nel Pentagono e da ognuna ebbe un piccolo pezzetto del puzzle di questo aereo super segreto attraverso domande apparentemente innocue. Oggi questo si chiama "social engineering" e Andrews era maestro della materia.
Mettendo insieme questi dati, in quasi dieci anni di attività certosina con solo fonti Open Source e innocenti chiacchierate private, arrivò a consolidare le caratteristiche base di questo aereo stealth:

-Monoposto
-Bi-motore, modello F404 -Gli stessi dello F18
-No post bruciatore
-colore nero
-Struttura dei carrelli a triciclo
-Doppi timoni di coda inclinati
-Dotato di un avanzato sistema di "visione notturna"
-Comandi del pilota interpretati da un computer causa forma aerodinamica non canonica
-Prese d'aria schermate
-Baia interna per soli due/quattro ordigni
-Trasportabile dentro aereo da trasporto strategico C5 Galaxy (questo dettaglio si rivelò successivamente assai inesatto, perché gli fece sbagliare totalmente la stima delle dimensioni della fusoliera centrale)

 Con queste informazioni si mise finalmente al tavolo da disegno e cercò di dare una forma ipotetica a questo mistero tecnologico.
Tutto quello che al tempo si sapeva sulle tecnologie stealth erano i risultati ottenuti dal ricognitore strategico SR71 e dal suo drone D21. Entrambi gli aerei avevano forme affusolate, linee "tondeggianti" e raccordate dolcemente. Questo fu il primo "abbaglio" nel notevole lavoro che Andrews aveva fatto fino a quel momento. Lo SR71 e il D21 avevano solo modestissime caratteristiche stealth, ma al tempo la propaganda diceva altro. Quindi ipotizzò che questo nuovo aereo super segreto avesse forme tondeggianti senza spigoli vivi. Inoltre venne contattato da un pilota di linea che un giorno avrebbe avvistato, a novemila metri di quota mentre volava sopra Mono Lake (località al confine tra la California e il Nevada), un aereo "strano" e "tozzo" che gli sfrecciò di fronte. Questo pilota fece uno schizzo su di un foglio e ne risultò qualcosa "più simile ad uno spazzolino da denti spezzato a metà che un aereo".
Come abbiamo già detto Andrews era un grande ricercatore, e quindi andò a scovare tutte le informazioni sugli studi anti-radar dei Tedeschi eseguiti durante la Seconda Guerra Mondiale e gli fu particolarmente utile la lettura di un libro edito nel 1970 intitolato "Radar Cross-Section Handbook" edito da una casa editrice vicina al Dipartimento della Difesa. Vedete? Le informazioni si trovavano anche allora, senza usare Google.
Agosto 1985: finalmente il suo aereo aveva preso forma sul tavolo da disegno. Era bellissimo.
Ma che nome poteva avere?
Tenendo conto che l'USAF continuava testardamente a stroncare tutte le illazioni relativamente al progetto di un aereo stealth, non circolava nemmeno la sua designazione ufficiale.
Anche questa volta Andrews tornò a fare delle deduzioni in base alle fonti di pubblico dominio.

Come poteva apparire il primo disegno di Andrews del suo F19


L'edizione di Newsweek del 25 novembre 1985 riportò un articolo in cui si affermava che alla Base Aerea di Nellis erano stati creati più Squadroni dotati di un aereo designato F19 e con spiccate doti anti-radar ed erano in fase di collaudo avanzato. Andrews si fidò della notizia, ma la correlò anche ad altre informazioni.
Era già operativo da tempo lo F18 Hornet, ed era uscito il prototipo avanzato del Northrop F20 Tigershark. La designazione F19 era stata "stranamente" saltata.
Ora il suo magnifico aereo aveva un nome: F19 Stealth Fighter.
Ed era un nome fantasticamente cool.

Andrews aveva condiviso le sue ricerche con il direttore marketing della Testors, Gary Cadish.
Quest'ultimo vide nei disegni dell'F19 un potenziale best-seller nel mondo del modellismo.
Alla domanda: "John, questo disegno quanto è accurato rispetto al progetto segreto dell'USAF? 50%?"
<90>"90%" fu la risposta raggiante di Andrews.
Cadish ebbe i primi dubbi: Se noi produciamo questo modello l'USAF ci denuncerà? E i Sovietici? Avrebbero benefici nell'esaminare questo modello?
Anche in questo caso Andrews ebbe la risposta pronta che suonò più o meno come il nostro famosissimo: "Stai sereno..."
Il progetto del kit venne sottoposto al gran capo della Testors: Chuck Miller.
Chuck era il patrono dell'azienda, grande patriota e convinto che la sua azienda aveva avuto un grande successo perché produceva riproduzioni dettagliate e convincenti di aerei esistenti. L'idea di produrre un kit di un aereo basato su supposizioni e per di più coperto da segreto militare lo fece infuriare.
"NO!" fu la prima risposta.
Miller era un ex Marine pilota di Phantom in Vietnam. L'ultima cosa che voleva era dare qualcosa ai Sovietici su cui ragionare. Cadish cercò di farlo riflettere sulla prospettiva delle vendite di un simile kit. Alla fine Miller cedette:
"Ok, fatemi un memorandum. Rispondete a queste domande: quanto pensate che sia fedele questo modello al vero aereo segreto USAF? Quali sono le implicazioni morali ed etiche di diffondere questo design sottoforma di kit?"
Andrews rispose in tre pagine. Miller le lesse e diede l'ok a produrre il kit.

Lo F19 della Testors ebbe un successo mondiale, finì su tutte le riviste aeronautiche del tempo, vennero prodotti fantastici videogiochi ad esso ispirati. Si parla di 600.000 kit venduti nei primi cinque anni. Il modellino d'aereo più venduto della storia. Il mondo venne così a sapere che "effettivamente" gli USA avevano un aereo stealth.
Anche Tom Clancy, nel suo Uragano Rosso (Red Storm Rising), scritto assieme a Larry Bond, lo rende protagonista, col nome F-19A Ghostrider, di due capitoli memorabili. Ecco come descrive il "Frisbee di Dreamland":



La prototipazione del kit durò fino a dicembre 1985. L'Italiana ITALERI fu coinvolta per produrre in serie il kit e spedì via nave una prima porzione della produzione.
Nel gennaio 1986 il kit F19 Stealth Fighter della Testors in scala 1:72 arrivò sul mercato USA. Qualche mese dopo anche la ITALERI fu autorizzata a produrlo a suo nome. Successivamente venne prodotto anche in scala 1:48.




Ci fu un iniziale interesse dei media su questo kit, che però, stranamente, scemò velocemente.
Ma nel luglio 1986 ci fu un evento inaspettato. Un aereo militare si schiantò a Kern River Canyon (Sierra Nevada - California) poco prima dell'alba. Militari dell'USAF circondarono immediatamente la zona minacciando i curiosi con le armi. Dopo poco venne diffuso solo il nome del pilota deceduto. Il padre di questo pilota disse ai media che suo figlio stava lavorando ad un progetto ultra-segreto e che veniva sottoposto al test della macchina della verità ogni novanta giorni. I giornalisti pensarono subito all'aereo stealth super segreto e ogni volta che battevano aggiornamenti della notizia mostravano una foto... del modellino F19. La richiesta del kit esplose nei negozi.
Due settimane dopo l'incidente la Lockheed ammise davanti una Commissione del Congresso degli Stati Uniti che aveva "perso" 1460 pagine di un progetto segreto. Durante questa audizione il repubblicano Ron Wyden sventolò un modellino di F19 e affermò che era insopportabile che i membri del Congresso non potessero conoscere i dettagli di questo progetto di aereo segreto, ma potevano andare in un negozio e comprarne il modellino.

Per la Testors fu una pubblicità senza pari.
Il modello passò dal prezzo di lancio di 9,50 $ a 60,00 $.
Incominciarono a crescere le prime leggende.
Qualcuno disse che l'ambasciata sovietica mandò dei suoi impiegati a comprare dei kit in un negozio di modellismo a Washington, ma le scorte a magazzino erano già esaurite.
Altri affermarono che degli ingegneri della Lockheed comprarono dei kit per verificare che i "tail numbers" in decalcomania non fossero uguali a quelli dell'aereo vero. Un'altra leggenda diceva che la Lockheed avrebbe proibito ai suoi dipendenti di comprare il modellino per evitare che ciò avvallasse l'esistenza di un aereo stealth.

John Andrews non ha mai avuto dubbi: il suo modellino non metteva a repentaglio la Sicurezza Nazionale. Molte delle informazioni che aveva usato erano di pubblico dominio. Provenivano da un libro edito dal Dipartimento della Difesa."Come può essere così segreta una cosa se è lo stesso Zio Sam a pubblicarne un libro?"

A sua difesa Andrews affermava di aver scritto più volte alla Lockheed e all'USAF in merito al suo progetto di creare il modellino dello stealth fighter. Non ebbe mai risposta.
Andrews era convinto che nessuna potenza straniera poteva avere informazioni importanti dallo studio di un modellino. La vera forza di un aereo stealth è nella sua elettronica di bordo, i motori, i materiali con cui è assemblato, come viene assemblato e le tattiche di utilizzo.
Inoltre amava ripetere una frase del già citato  Kelly Johnson: "Date ai Sovietici i progetti dello SR71 e loro non saranno in grado di riprodurlo. on hanno la tecnologia per plasmare i materiali e i metalli che noi usiamo per costruirlo"

Però alla fine Andrews ammise che i Sovietici imparavano in fretta. Ed è per questo che un giorno, in un'intervista, disse: "Non ho voluto fare il modello accurato al 100%. Dopotutto anch'io ci tengo alla mia Patria."

E il Pentagono che disse?
Ufficialmente non disse nulla. Ma è evidente che tutta quella pubblicità e visibilità di un oggetto che aveva un nome sbagliato e delle forme completamente diverse dal vero aereo stealth che riposava negli hangar di Tonopah faceva comodo. Molto comodo.
Il mondo venne esposto a una foto deformata e sottoesposta del vero stealth fighter nel 1988 e venne annunciata la sua vera designazione: F117A.
1988: La prima foto pubblica dello F117

Le linee spigolose e le proporzioni sgraziate dello F117 erano in netto contrasto con gli eleganti raccordi del modellino Testors.
Non sappiamo come abbia reagito Andrews.
A me piace pensare che si sia fatto una grande risata.
Una risata di sollievo: aveva contribuito a proteggere uno dei più grandi segreti militari della Guerra Fredda.

John Andrews, nato a Chicago nel 1932, morirà il 2 Aprile 1999 dopo una lunga malattia.

La Microprose, una famosa azienda di videogiochi/simulatori militari molto attiva negli anni '80 dedico ben due titoli allo F19












1.3.18

Recensione Missioni Segrete (Ed. Longanesi)


"Uno dei fondatori del Gis racconta le operazioni  militari che gli italiani non conoscono"
Con questa tagline in copertina, il terzo libro del Comandante Alfa si presenta ai lettori.
Un record assoluto, per l'editoria italiana, nel pubblicare ben tre libri biografici di un appartenente delle Forze Speciali. Ovviamente stiamo parlando di un Operatore che per svariati decenni ha fatto parte del Gruppo Intervento Speciale dell'Arma dei Carabinieri e che è stato testimone, quando non protagonista, di numerose assegnazioni e missioni impegnative.

Iniziamo la recensione dicendo che questa volta, al terzo libro, si è centrato il bersaglio.
Abbiamo una biografia che riesce ad equilibrare le riflessioni del protagonista, un Comandante Alfa che ha selezionato con cura gli episodi da illustrare ai lettori, con il giusto coinvolgimento narrativo.
La penna del giornalista Meo Ponte descrive le memorie del Comandante Alfa incastrando ogni episodio in una esaustiva collocazione geopolitica e strizza l'occhio agli appassionati descrivendo e sottolineando, quando indispensabile, marche, modelli, calibri, prestazioni dei vari armamenti ed equipaggiamenti usati dal GIS in quattro decenni.

Il libro parte subito con una missione poco conosciuta: la scorta dei presunti attentatori della strage aerea di Lockerbie. Un capitolo dove si mettono in evidenza le capacità di adattamento, diplomazia improvvisata (ma efficace), dei Carabinieri del GIS.
Dopodiché il lettore viene a conoscenza che il neonato GIS, alla fine degli anni '70 sarà impiegato ben prima dell'assalto al super carcere di Trani (che da sempre è considerato il "battesimo del fuoco" del Reparto).
La prima parte del libro utilizza molto la tecnica della narrazione "a bolle concentriche". Ogni evento è spunto per un'agile digressione, che a sua volta si ricollega ad un altro fatto, che alla fine fanno comprendere al lettore una visione più ampia del racconto originale. Godibile come lettura, in tal senso.
Dopodiché il Comandante Alfa diventa più specifico e in un paio di missioni particolari, fra tutte quella del Negoziatore (ruolo a me particolarmente caro) che deve convincere una donna con problemi mentali a non suicidarsi e non far male ai propri figli, e quella di uno sniper in Iraq, si ha tutta l'emozione della consapevolezza che si stanno leggendo delle imprese straordinarie, compiute da uomini eccezionali.

Abbiamo poi interessanti scorci delle operazioni nei Balcani e di catture rocambolesche sul territorio italiano di malavitosi giudicati "imprendibili". 
Oppure interessanti analisi di situazioni terribili come quelle del caso Kerkoc, che è poi diventato materia di studio di tutte le Forze Speciali europee.

Nella seconda metà del libro, Missioni Segrete, si preme sull'acceleratore. Arrivano i primi anni 2000, con le missioni in Iraq ed in Afghanistan. Missioni di Pace, che di "Pacifico" non hanno nulla. Il GIS viene inquadrato nella Task Force 45 e finalmente un libro spiega, abbastanza nel dettaglio, le furiose battaglie sostenute dai membri della Task Force. E' anche dato il punto di vista alternativo di un famosissimo episodio di guerra che ha visto un soldato dell'Esercito decorato (leggere per scoprire di chi si tratta...).
Con mia grande soddisfazione personale è anche descritto, seppur brevemente, l'assalto al compound ES-KO del 3 novembre 2011, vero episodio che ha mostrato la vocazione nel CQB del GIS. Effettivamente di questa battaglia in Italia venne scritto forse un trafiletto di quindici righe. C'è sempre stato, fino ad oggi, un certo riserbo a divulgarne i dettagli. Un operatore del GIS è stato anche decorato in quella missione.
Il Comandante Alfa riprende i suoi pilastri usati nei precedenti libri: il concetto di SQUADRA, la salvaguardia della vita umana, anche del malvivente. La capacità di sapersi adattare, di sacrificare la vita privata per il bene collettivo e la capacità di saper trasmettere ad altri le proprie conoscenze.
Il Comandante Alfa per buona parte della sua carriera è stato un istruttore: ha formato operatori del GIS, ma ha anche utilizzato la sua professionalità per addestrare unità speciali di Paesi alleati.
Quarant'anni nel GIS gli hanno permesso di scrivere tre libri, ma solo con MISSIONI SEGRETE si è chiuso il cerchio nel far comprendere al grande pubblico cosa significhi essere un operatore pluridecorato delle Forze Speciali.

18.4.17

Recensione Io vivo nell'ombra - Comandante Alfa (Longanesi)


A quasi due anni esatti dalla pubblicazione dell'acclamato Cuore di Rondine, il Comandante Alfa esce col suo secondo libro intitolato Io vivo nell'ombra, sempre con Longanesi.

Il libro, lo dico subito, ha un sapore di orgoglio, di senso di appartenenza, ma soprattutto si consacra come un testamento spirituale verso le nuove generazioni di operatori del GIS.
Io vivo nell'ombra è la versione espansa del precedente Cuore di Rondine dove, inevitabilmente, abbiamo citati episodi presenti in entrambi i libri, con la differenza di una maggior profondità di dettagli e di descrizione storica dello scenario dove avvengono i vari episodi.
Infatti è avvertibile la cura con cui si viene inseriti nel contesto geopolitico dove il Comandante Alfa ha agito durante le sue missioni, in Italia ed all'estero. Non vuole solo far capire come si siano svolte le missioni con il suo punto di vista, vuole anche far comprendere al lettore (cosa preziosa per le generazioni più giovani!) l'atmosfera politica che si respirava in una certo momento storico. Parliamo di quasi quarant'anni di carriera in uno dei Reparti più prestigiosi al mondo e il Comandante Alfa ha attraversato tutti questi cambiamenti storici sempre a testa alta.
Il libro sicuramente accontenta chi voleva "sapere di più" dall'eccellente ed "intimo" Cuore di Rondine.
I lettori sono esposti, specie nella parte finale del libro, ad una ricca documentazione fotografica dalla collezione personale del Comandante Alfa, da sigle e tipi di armamenti usati attualmente dal Reparto e una descrizione sommaria dell'attuale iter di Selezione ed Addestramento dei nuovi Operatori.
Il libro è diviso in cinque ideali Sezioni:

-Le prime attività del GIS in Italia e in Europa con le relativa collaborazioni con Reparti equivalenti Europei
-Lo schieramento operativo in Iraq
-L'esperienza di scorta VIP a livello di Capi di Stato stranieri
-Attività in Afghanistan
-Il GIS oggi

Immergersi nella lettura di "Io vivo nell'ombra" è come avere una chiacchierata col Comandante Alfa, e il racconto degli episodi muta dal tempo passato all'uso del presente (per segnalare le scene d'azione) in innumerevoli flashback annidati tra loro. Un ricordo in Iraq richiama una situazione vissuta in Italia, e via dicendo. Immaginate di avere un album fotografico tra le sue mani e il Comandate Alfa che vi indica una foto alla volta e vi racconta un aneddoto per ognuna di esse. Da una foto ingiallita della fine degli anni Settanta, fino ad una stampa digitale dei primi anni duemila. Le uniformi delle prime foto che sono verde oliva, e poi diventano blu notte per finire alle Vegecam usate in Afghanistan.  Il Comandante Alfa ci dice che cambiano le uniformi, la buffetteria, le armi... Ma non l'uomo dietro il Mephisto.
Il romanzo è costellato di innumerevoli episodi di vita vissuta, come l'incredibile sfida tra il Comandante Alfa ed un istruttore americano prestato ai SAS inglesi durante un addestramento, per difendere l'onore italiano. Oppure dettagli raggelanti sull'Operazione Chimera condotta in Bosnia, al tempo della cattura dei criminali di guerra.

Corposa, attenta ed emozionante la descrizione delle varie missioni in Italia, soprattutto per la liberazione ostaggi e per la cattura di pericolosi delinquenti, con un approfondimento delle tecniche utilizzate e degli equipaggiamenti, nella loro evoluzione nei decenni. Il Comandante Alfa racconta, descrive, ma commenta anche la miseria umana di cui è stato testimone, come nel caso della cattura di persone che provenienti da una vita normale, a causa di grandi stress ed esasperazioni, si trasformano in assassini armati che si barricano in casa e uccidono i passanti (come a Bogogno nel 2005 e altri descritti nel libro).
Curiosi ed interessanti gli aneddoti sulle scorte  effettuati a vari VIP e Capi di Governo che rivelano la grande professionalità del GIS che ha saputo imparare dai migliori (GSG9 e SAS in primis), per trasformarsi nei classici "allievi che superano i maestri".

"Io vivo nell'ombra" è un libro pensato per tutti coloro che vogliono avere una cronologia ragionata delle imprese del Gruppo Intervento Speciale dell'Arma dei Carabinieri, scritta con rigore giornalistico (infatti l'autore mi risulta essere il giornalista Meo Ponte), ma commentata con grande umanità dal Comandante Alfa.
Non so se ci sarà un terzo libro del Comandante Alfa, può darsi. Ma con Cuore di Rondine, e questo Io vivo nell'ombra, ha compiuto la sua ultima missione: raccontare il GIS a tutti.
Uomini umili e addestrati per affrontare situazioni straordinarie che eseguono le missioni con la regola non scritta, ma sacra, di non dover mai sparare per primi e di cercare di catturare vivo il delinquente, indipendentemente dai crimini di cui si è macchiato.


"Più sudore e meno sangue".

1.4.17

Per chi volesse scrivere un romanzo (Parte 2 - 4)

Questo post è dedicato a coloro che volendo scrivere un romanzo ricadono nelle seguenti situazioni:
  • Hanno già un altro lavoro che gli da vivere e che occupa la maggior parte del tempo nelle ore di veglia
  • Hanno una vita sociale normale
  • Hanno anche altri interessi/hobby
  • Hanno una famiglia
Chi non ricade in questa combinazione può evitare di leggere il seguente post, perché avrà sicuramente abbastanza tempo libero durante la giornata per poter scrivere un romanzo senza seguire un metodo specifico.


Scrivere porta via moltissimo tempo e chi lavora, ha una famiglia e altri hobby, non ha tempo da dedicare alla scrittura.
Potrei già chiudere il post adesso.
Dimenticatevi di scrivere di notte ("il silenzio, l'atmosfera magica, l'aroma del caffè.."). Idiozie.
Se vi mettete a scrivere dalle 23 all'una di un giorno feriale, lo potete fare al massimo per due giorni consecutivi, poi scoprirete che sul lavoro, il giorno dopo, sarete totalmente rincoglioniti. Nessun datore di lavoro o nessun partner vuole aver a che fare con un rincoglionito dal sonno, perché vuole "scrivere un romanzo". E la mancanza di sonno non si combatte col caffè: è una questione biochimica. No, la cocaina non è la giusta soluzione.


Quindi il primo problema da affrontare è la gestione del tempo.
Ripeto: il problema più grande nello scrivere un romanzo non è "avere una buona idea", ma paradossalmente trovare il tempo per scriverla decentemente. Come si affronta questo problema: con una scrupolosa e disciplinata pianificazione. Non aspettatevi supporto o comprensione dal vostro partner. Scrivere è la più egoista delle attività umane.

Innanzitutto scordatevi quello che c'è scritto su tanti blog di giovani scrittori "smart" anglosassoni che consigliano, sostanzialmente, di scrivere almeno un'ora tutti i giorni, giusto "per allenamento" (!!!). Tutti questi signori sono gente che ostinatamente sostiene di farlo per mestiere. O almeno, sopravvive al limite della povertà (per i nostri canoni) vivendo di scrittura ininterrotta su piattaforme multiple multimediali. Non è il nostro caso.

Noi non avremo MAI un'ora tutti i giorni per scrivere.


L'unica soluzione è quella di allocare in giorni prestabiliti delle sessioni di scrittura. Queste sessioni sono solo l'ultimo step di un lavoro lungo e tedioso di "organizzazione dei dati", che può prendere più di un anno. Se siete dei forti lettori e decidete di scrivere un libro, rinunciate temporaneamente a leggere e impegnate quel tempo per scrivere. E' un primo (doloroso) passo. Ovviamente frequentare di meno i Social Network fa guadagnare altro tempo prezioso da dedicare alla scrittura.


Riassumendo:
Gli step di creazione di un romanzo
  • Focalizzazione dell'idea di base
  • Sviluppo a blocchi della trama/Personaggi
  • Ricerca/documentazione
  • Stesura struttura capitoli
  • Scrittura effettiva del testo

Focalizzazione dell'idea di base
Le idee vanno e vengono. La creatività è un processo non lineare.
Ma una cosa è certa: le idee appaiono nella mente in qualsiasi momento. La cosa più importante è fissare immediatamente un'idea interessante quando questa si genera. Come? Scrivendo o, se non potete farlo entro pochi minuti, con un file audio sul vostro smartphone. Lo sappiamo tutti che fa molto figo girare con un taccuino Moleskine sempre in tasca pronto a ricevere e conservare le nostre idee del momento. Ma vi assicuro che se non siete avvezzi a prendere appunti ragionati su carta, è molto meglio fare un file audio.
Negli anni ho imparato ad utilizzare entrambi gli approcci, con una leggera preferenza per la carta perché ho imparato a sviluppare un'idea graficamente utilizzando il metodo delle Mind Maps (https://it.wikipedia.org/wiki/Mappa_mentale)
Un esempio di una mia mappa mentale è questo (Sì, è un notebook Moleskine...):

Non perdete tempo ad analizzare la mia grafia. Non sono pazzo: sono un informatico, quindi ho smesso di usare quotidianamente le biro per scrivere vent'anni fa. Tutti gli informatici hanno una pessima grafia per questo motivo.

Raccomando, se non conoscete già la tecnica, di provare a padroneggiare le Mind Maps. Una volta comprese nell'utilizzo (apparentemente banale) non potete più farne a meno. Ci sono numerosi libri e risorse in Internet che insegnano le tecniche di Mind Mapping e ci sono anche software per tutte le piattaforme per poterle sviluppare anche digitalmente.

Se prendete appunti su carta, ricordatevi di fotografarli periodicamente per poterli integrare in software particolari di cui parlerò tra poco.

Una volta che avete fissato la vostra idea di base per il romanzo, che non deve per forza essere una storia completa in tutti i dettagli dall'inizio alla sua fine, potete passare allo step successivo.


Sviluppo a blocchi della trama/Personaggi
Avete un'idea e volete renderla una storia di senso compiuto.
Per affrontare questa fase vi assicuro che è normale investire svariate settimane in cui si rimugina tutto N volte.
Anche in questo caso lavorare fissando su carta o, molto meglio con software appositi, le vostre idee è fondamentale.


Dieci anni fa usavo un software per scrittori che oggi non esiste più. Era molto semplice e carino. Sostanzialmente era un mini-database in cui un autore organizzava idee, documentazione, appunti, capitoli e schede dei personaggi. Oggi esistono numerosi software migliori per fare ciò, ma che concettualmente sono identici. Ma hanno un difetto: servono solo a fare quello.
Quindi negli anni mi sono orientato verso un software generico di "cattura ed organizzazione idee" multipiattaforma e basato su cloud. Questo software è il famoso Evernote (https://evernote.com/intl/it/). Nonostante sia un utente di prodotti Microsoft, io trovo che Evernote sia molto più flessibile di Microsoft OneNote (che rimane un'eccellente alternativa, in ogni caso).

Perché utilizzare un software in cloud per prendere appunti? Semplicemente perché NON avrete il lusso di potervi mettere alla vostra scrivania, con calma ed in tranquillità, tutti i giorni alla stessa ora, davanti al vostro taccuino preferito per scrivere, cancellare, riflettere, scrivere di nuovo. Questi software vi danno invece la possibilità di sviluppare le vostre idee ovunque. In pausa pranzo al lavoro, in vacanza, se siete passeggeri su di un mezzo di trasporto di qualsiasi categoria e quando siete in bagno (momento di essenziale isolamento dal mondo dedicato alla documentazione o all'organizzazione delle idee. Chi dice di non farlo mente sapendo di mentire).

Questi software lavorano via web browser, tablet, smartphone e pc. Questo significa che potete riprendere la modifica dei vostri dati in qualsiasi istante, indipendentemente dallo strumento che state utilizzando ed indipendentemente dal luogo dove vi trovate.
Qualcuno potrebbe obbiettare dicendo: "Ma se io mi porto appresso un piccolo taccuino... Non è la stessa cosa?" Tecnicamente sì, ma solo con una GRANDE differenza. Se per qualche motivo perdete il taccuino, avete perso tutti gli appunti in un colpo solo (non ho mai conosciuto nessuno che ogni sera si fotocopiasse il taccuino per farne un backup...). Con programmi tipo Evernote, se perdete lo smartphone, o vi fregano il pc (a parte le bestemmie) non perdete nessun dato. Perché sono salvati nel cloud. E se Evernote dovesse cancellare i vostri dati? A parte questa remota possibilità, Evernote vi fa salvare i vostri dati anche in locale sui vostri dispositivi fissi e mobili. Quindi con Evernote (o OneNote) l'unico modo per perdere definitivamente i vostri appunti devono verificarsi due eventi catastrofici contemporaneamente: tutti i server della gestione cloud di Evernote (basati sulla serverfarm di Google) saltano in aria totalmente E vi rubano tutti i vostri dispositivi contemporaneamente. Digitale 1 - Cartaceo 0. Chiuso l'argomento.

Come si sviluppa la trama? A step successivi. Partendo dall'idea principale dovete creare l'universo dove i personaggi agiranno: contesto storico, aderenza o meno con la realtà.

Personaggi principali, secondari, complementari
Per ogni personaggio principale e secondario *dovete* sviluppare una biografia. Età, sesso, background, motivazioni personali. Deve essere il più accurato possibile, anche se nel romanzo non emergerà completamente in tutti i suoi dettagli. Perché investire tempo nel creare un background dettagliato di un personaggio? Per dargli un profilo psicologico specifico.
Una delle cose più terrificanti che si possano leggere in un romanzo è avere dei personaggi diversissimi tra loro per età, sesso, estrazione sociale... che si comportano tutti in maniera identica! Questo avviene perché l'autore proietta i suoi algoritmi mentali a TUTTI i personaggi del romanzo. Grande errore. Al massimo può permettersi di farlo con un personaggio.
Come ho risolto il problema? Mi ispiro a persone reali, le coinvolgo nei miei progetti editoriali, e molto schiettamente chiedo loro: "ma tu, in questa situazione, come ti comporteresti?". Ed ecco come sono riuscito a creare personaggi realistici. Avendo poca fantasia (io ho poca fantasia, davvero), prendo a piene mani dal mondo reale. Un esempio concreto è il personaggio di Sara Iannini in Collera dal Mare. Per quattro anni mi sono interfacciato con una nota giornalista inviata in aree di crisi (con mail, telefonate, chat, pranzi insieme) per avere più dettagli possibili sulla sua vita e come adattarla al romanzo.

Ha senso visualizzare i personaggi visivamente? Certo. Personalmente creo veri e propri storyboard e bozzetti. Abbiamo un cervello che è ottimizzato per il riconoscimento delle forme. Un disegno può riassumere comodamente centinaia di parole usate per esprimere lo stesso concetto.
Qui un esempio di schizzo di personaggio del mio prossimo romanzo. Non mi serve che sia un disegno iperrealista. Mi deve ricordare istantaneamente: colori dell'abbigliamento, acconciatura, proporzioni fisiche. E basta. Con un disegnino realizzato in meno di un minuto risparmio un paragrafo di venti righe  (per la cronaca realizzo schizzi ben più dettagliati e meglio eseguiti, ma quello è un altro discorso :-D )

Non vi spiego come i vari personaggi debbano interagire fra loro nella trama. Quello sarà un processo naturale nel momento in cui riuscirete a rispondere a queste domande:
  • Cosa vuole ottenere il personaggio? (perché fa quello che fa)
  • Dove si trova e dove andrà
  • Come interagisce con gli altri personaggi


Trama
Partiamo da questa frase famosa attribuita a Tom  Clancy: "The difference between ficton and reality? Fiction has to make sense".
La vostra trama deve essere logica, senza buchi enormi nella narrazione e deve "avere senso". La regola si applica anche a chi scrive Fantasy. Cercate di disseminare la narrazione con situazioni che facciano porre domande al lettore, però ricordatevi di dare una spiegazione/risposta sempre. Non c'è niente di peggio di una situazione non risolta in una storia. Per quanto riguarda i "colpi di scena" -tecnicamente chiamati Plot Twist- è ovvio che se sono il sale della storia, ma se mal gestiti sono orribili. State scrivendo un libro, non una sceneggiatura per un serial tv. In un serial tv il plot twist deve esserci obbligatoriamente in vicinanza dello stacco pubblicitario, per inchiodare lo spettatore sul canale. In un romanzo non ci sono interruzioni pubblicitarie (non ancora almeno, ma Amazon col Kindle si sta ingegnando in tal senso...), quindi è inutile forzare la trama con decine di Plot Twist. Un lettore legge per curiosità, certamente, ma può essere stimolata anche senza l'uso dei Plot Twist a profusione.
La trama deve rispondere a queste domande:
  • Luogo ed epoca dei fatti (che possono essere multipli se utilizzate la tecnica del Flashback)
  • La trama è coerente con i fatti di apertura e con la conclusione?
Nella stesura della trama le Mappe Mentali saranno fondamentali per avere immediatamente una conferma visiva della coerenza della trama stessa.

La trama, qualunque essa sia, deve rispondere alle leggi del "Azione-Reazione-Modifica della situazione".
E' un approccio estremamente anglosassone alla scrittura creativa, ma personalmente io ho un background di quel tipo (sono pochissimi i romanzi che ho letto in italiano, la mia formazione è con la narrativa anglosassone in edizione originale), ma è anche molto efficace. Funziona.

Per chi volesse dedicarsi alla scrittura specificatamente di un romanzo d'azione bisogna seguire la seguente regola aurea:
-Apertura del romanzo con scena d'azione (gratificare il lettore e fargli capire che ha scelto il libro giusto). Non deve per forza essere lunghissima. Deve far capire subito su che binari si muoverà la narrazione.
-Digressione, introduzione dei personaggi, contesto della trama
-Costruzione dell'attesa per una nuova scena d'azione
-Scena d'azione 

Non c'è niente di peggio che scrivere un romanzo d'azione che non parte subito in quarta. Un romanzo di questo genere può essere "lento" nella sua parte centrale, per creare "attesa", ma l'apertura ed il finale devono essere "scoppiettanti". 

Ripeto ancora il concetto: scrivere è un'attività molto impegnativa in termini di tempo e risorse personali, non ha senso inseguire una "moda" o una "corrente letteraria" di successo in questo periodo, ma che non è istintiva per le nostre tendenze narrative. E' come se io dovessi scrivere una storia d'amore adolescenziale con elementi Fantasy (filone letterario che ha la probabilità di successo sul mercato prossimo al 99,9%). Scriverei un'idiozia dietro l'altra. La mia "repulsione" del genere narrativo trasuderebbe in ogni paragrafo, rendendo un incubo la lettura del testo. Non potete scrivere qualcosa sforzato. Non potete scrivere qualcosa che non vi convinca al 100%.
Ricordatevi solo una cosa: se siete autori indipendenti dovete scrivere una trama che piaccia a voi, ma che accontenti quasi qualsiasi potenziale lettore. Frase ostica da capire, vero? 
Sembrano consigli assolutamente scontati e banali, vero? Nelle librerie è pieno di autori più o meno famosi, che per puro atteggiamento mercenario, s'imbarcano a scrivere storie con argomenti totalmente alieni alle loro reali tendenze. E i risultati sono libri disturbanti dalla prima all'ultima pagina.
Scrivere quindi deve essere "divertente", motivante. 
E' impegnativo, è terribilmente impegnativo, ma dovete scrivere convinti di quello che state scrivendo. Scrivere un romanzo è come una maratona. Sforzo estremo e prolungato, e arriverete al traguardo distrutti, nonostante la preparazione atletica che avete accumulato nel tempo.
Quindi se siete lanciatori di giavellotto, non mettetevi a gareggiare in una maratona. Il rischio è quello di crepare a metà gara. Ovvero lasciare "il romanzo incompleto nella chiavetta USB".


Ricerca/Documentazione
Non esistono libri con trame semplici. Esistono libri con trame "vuote". Indipendentemente dagli argomenti coinvolti nella trama.
Nel mio caso specifico, scrivendo libri con altissimo contenuto di tecnologie militari reali in contesti realistici, il documentarsi è una cosa basilare. I miei lettori sono in gran parte esperti e/o appassionati di varie discipline e tecnologie militari e non amano essere "presi in giro". Quando leggono un libro che parla di militari in azione, esigono il massimo realismo.
A tutt'oggi esistono autori che sono semplici appassionati e non "perdono tempo" a documentarsi, e scrivono libri che potrebbero essere anche interessanti, se non fossero stroncati dai lettori per il contenuto tecnico. Se vi sporcate con la tecnologia non potete fare finta di nulla: dovete prima di tutto diventare esperti della materia.
Personalmente la mia ricerca (quotidiana) di dati per un romanzo dura un anno o un anno e mezzo.
Quando ho dovuto descrivere il caccia della nostra Aeronautica Militare EF2000 Typhoon non ho solo letto tutti i libri su di esso o visto praticamente tutti i video che lo documentavano : sono andato di persona a Pratica di Mare, alla base del Reparto Sperimentale Volo e ho toccato con mano il velivolo. L'ho visto decollare ed atterrare, ho visto attività dei tecnici attorno ad esso. Ho parlato con loro. Nel romanzo è finita solo una percentuale minima delle informazioni che ho acquisito, ma è stato un processo obbligato per rendere giustizia alle sequenze aeree del romanzo Collera dal Mare.
Mettiamo il caso che vogliate scrivere un romanzo sulla vita di un cuoco nella cucina di un ristorante, ma non siete dei cuochi. Non potete fermarvi a qualche libro di ricette e vedervi tutte le puntate di MasterChef, Cucine da Incubo etc...etc... Dovete entrare dentro una cucina di un ristorante. Mettervi zitti in un angolo e respirarne gli odori, vedere come si muovono dal vero i cuochi, le bestemmie che eventualmente tirano, come vivono i tempi morti, come si coordinano tra loro. E lo dovete fare coi vostri occhi, non con gli occhi della telecamera gestita da altri (che vi fanno vedere solo quello che vogliono). Una volta che avete vissuto dal vero una cucina, potete ambientare una storia in una cucina. Chiaro il concetto? Volete scrivere un romanzo dove i protagonisti cavalcano dei draghi volanti? La risposta manco la scrivo.
Le droghe psicotrope non sono la risposta giusta.

La stesura
Abbiamo già detto che scrivere di in orari notturni, se abbiamo una normale vita lavorativa e sociale, è improponibile. Però nessuno vi vieta di svegliarvi molto presto al mattino, un'ora prima della vostra abituale sveglia, e scrivere. Inoltre nei weekend è statisticamente più facile (ma non è garantito) che riusciate ad avere fino a due ore contigue di scrittura. L'enorme enfasi che ho dato nel descrivere i mezzi per organizzare preventivamente le idee e la trama servono proprio per questa condizione: non sappiamo QUANDO avremo il tempo per scrivere. Se non organizzate perfettamente tutti i dati della vostra storia in modo omogeneo e logico, se fate passare qualche giorno tra una sessione di scrittura e l'altra, vi ritroverete a non sapere dove siete arrivati. Immancabilmente avrete delle incongruenze e buchi nel vostro plot che i lettori vi scopriranno immediatamente  Ricordatevi che se impiegate un anno a scrivere un romanzo, un lettore medio impiega meno di due settimane a leggerlo, quindi eventuali problemi di continuità nella trama saranno molto evidenti.
Nel mio caso specifico è capitato di scrivere un capitolo fino ad un certo punto e di riprenderlo per finirlo dopo tre settimane (non ho mai avuto tempo nel mentre di dedicarmi alla scrittura). Se non avete degli appunti ben fatti su carta o su vari software in cui potete segnare esattamente dove avete interrotto il lavoro, vi ritroverete a perdere minuti e minuti per rileggere e capire "l'atmosfera" che stavate creando prima dell'interruzione. E io (e voi) NON AVETE TEMPO da perdere per capire dove siete arrivati l'ultima volta che vi siete messi alla tastiera.

Ad ogni sessione scrivete il più possibile in base al tempo che avete a disposizione. La revisione la farete successivamente. Cercate di accumulare più materiale scritto possibile. Se riuscite a farlo in maniera grammaticalmente e dal punto di vista della leggibilità in maniera decente, tanto di guadagnato. Ricordatevi: per ogni ora di scrittura, sappiate che ne investirete 1,5 successivamente per le correzioni. Quindi un romanzo che ha preso 100 ore (tiro una cifra a caso) per essere scritto a livello di bozza completa, avrà altre 150 ore per la revisione completa. Totale: 250 ore.
Ogni volta che scrivete segnate da qualche parte (o su un software) dove siete arrivati, cosa avete sviluppato.
Non abbiate fretta di finire il romanzo.
Non abbiate fretta di finire il romanzo.
Non abbiate fretta di finire il romanzo.
(rileggete le tre frasi sopra ancora per tre volte e forse riesco a far capire il concetto)


 Scrivere la storia dal capitolo 1 (e tutti successivamente) fino in fondo, oppure procedere in modo casuale e poi assemblare tutto alla fine? Io utilizzo il secondo approccio perché preferisco scrivere una specifica sequenza del romanzo che "mi sento ben presente" appena posso, poi organizzo tutto il romanzo alla fine. Come faccio? Ogni singolo file che salvo ha un nome molto lungo che di fatto ne riassume il contenuto. Abbiamo fino a 256 caratteri a disposizione per i nomi di file di Word,: sfruttateli. Quindi, dopo qualche mese di lavoro, mi ritrovo una cartella con dentro N file con titoli tipo: "Saverio_si_presenta_a_ForteBraschi_per_incontrare_Majano_e_litigano.doc"
A fine romanzo sarà un lavoro di qualche giorno assemblare il tutto dando un ordine cronologico alle varie sequenze (ben pianificate in precedenza) e battezzando ogni singolo capitolo. Se siete in grado di scrivere in maniera disciplinata dal capitolo 1 fino al capitolo finale in sequenza, siete più bravi di me, e vi risparmiate il lavoraccio dell'assemblaggio finale.


Quanto deve essere lungo un capitolo? Non c'è una regola. Andy Mcnab fa capitoli anche di quindici righe. Tom Clancy li faceva di trenta e passa pagine in certi casi. 

Per me i capitoli sono dei "contenitori" in cui in ognuno c'è un mattone essenziale per la storia. Non scrivo capitoli "riempitivi". Ogni capitolo deve contenere dati essenziali per il lettore per comprendere la storia nella sua interezza.

Visualizzate con tutti i vostri sensi gli ambienti dove i vostri personaggi si muoveranno. Un ambiente è sempre composto da luce, colori, suoni e odori. Ricordatevi sempre di descrivere gli attributi, le caratteristiche  di ogni ambiente o attraverso i sensi dei protagonisti o attraverso la narrazione. I passaggi più apprezzati dai lettori contemporanei sono quelli in cui le descrizioni "sembrano mimare un film". Stimolate la fantasia sensoriale del lettore.

Come modellate il vostro personaggio? Non quanto ho detto sopra ed integratelo con questa semplice scaletta:
  • Come il protagonista reagisce agli eventi della trama?
  • Come il protagonista interagisce con gli altri personaggi?
  • Come il protagonista elabora una linea d'azione?
  • Quando e Come le azioni dei personaggi possono far decretare la conclusione della storia?


Quanto deve essere lungo il vostro romanzo? Non chiedetelo a me, che non sono mai riuscito mai andare sotto le 680 pagine in formato tascabile.
Un libro con una lunghezza importante deve per forza essere stimolante per il lettore altrimenti ve lo lascia a metà perché percepito come troppo impegnativo da finire (e non si dimenticherà di dirlo nelle sue recensioni). Un romanzo troppo corto, ovvero un "racconto lungo" a volte è valutato negativamente dai lettori perché troppi dettagli della storia potrebbero non essere adeguatamente sviluppati. Non c'è una regola, se non quella di cercare di scrivere la trama in modo tale da indurre il lettore a voler proseguire, scordandosi del fatto che prima o poi la storia avrà una fine.
Come si ottiene questo risultato? Anche qui tutto è frutto della sensibilità dell'autore. Alcuni dicono che "meno è di più". Scrivere solo l'essenziale in ogni fase, evitare troppe digressioni non funzionali per la trama (mio grande difetto del mio primo romanzo). 


Concludo con una frase di Tom Clancy che tengo appesa sulla mia scrivania da anni: "Success is a finished book, a stack of pages each of which is filled with words. If you reach that point, you have won a victory over yourself no less impressive than sailing single-handed around the world.


Il prossimo post sarà su come correggere le bozze ed arrivare al romanzo finito e pronto per essere pubblicato.

31.3.17

Recensione di Nome in Codice: ARES (Mondadori)

Il prolifico scrittore e studioso di storia militare contemporanea Gastone Breccia abbraccia la vita del Caporal Maggiore Scelto Andrea Adorno M.O.V.M. e pubblica una biografia che si distingue nel panorama editoriale italiano.
Finalmente le case editrici più importanti, da due anni a questa parte, hanno capito che si possono pubblicare le biografie di militari italiani che hanno ricevuto l'autorizzazione dai loro Reparti di appartenenza a farlo. Prima del 2015 non era tanto semplice...
Ed ecco apparire in libreria Nome in Codice: ARES, la biografia di un Ranger del 4° Alpini Paracadutisti ferito in combattimento in Afghanistan e decorato con il più alto riconoscimento al Valore Militare in Italia.
Il libro ha due anime distinte: una è la vita, la carriera, di Andrea Adorno, che con la sua umana emozione nel ricevere la Medaglia D'Oro al Valor Militare il 4 Novembre 2014, invita il lettore nella sua vita. Da adolescente siciliano insicuro del futuro, alla scelta di entrare alla "Monte Cervino". Un'anima quindi sono gli episodi di vita di Andrea, dall'inizio della carriera militare nel 1999, diciannovenne, in un clima di "quasi-Naja", fino ad essere uno dei primi operatori selezionati per la grande trasformazione nel 2001 del Reparto: far conseguire il brevetto/specializzazione Ranger agli Alpini Paracadutisti, e diventare così una Forza di Supporto alle Operazioni Speciali.
L'altra anima del libro è la cura nel voler collocare storicamente ogni episodio di vita di Andrea (Balcani, Afghanistan, Iraq) con una precisa illustrazione della situazione geopolitica. In questi passaggi accademici Gastone Breccia prende il timone della narrazione e trasforma questa biografia in un agile libro di storia moderna, che sicuramente verrà apprezzato dai lettori.
Gli addestramenti sono descritti in maniera adeguatamente dettagliata, come anche l'episodio che porterà Andrea ad essere decorato con la M.O.V.M.
Lo stile è preciso, liscio, molto coinvolgente per il lettore che si troverà ad accompagnare Andrea nella prima pattuglia operativa da qualche parte in Toscana (a dir il vero divulga anche le coordinate geografiche, ma non ho verificato) ad affrontare gli Incursori del 9° che danno la caccia agli allievi Ranger e in tanti altri episodi citati della sua carriera operativa.
Solo un appunto stilistico personale, ma che non è una critica.
Tutto il libro è realizzato in modo da far trasparire l'impegno la vita e le difficoltà del moderno soldato impegnato nei teatri operativi attuali con un'aura di ottimismo e dove la morte, le atrocità della guerra e le difficoltà psicologiche sono appena accennate quando non censurate completamente. L'addestramento è duro, ma è ragionevole. La vita lontano dagli affetti e dalla famiglia per periodi prolungati non è facile, ma è sempre ricompensata dai ritorni a casa. L'impressione è quella di voler mostrare soltanto la parte più accettabile ed entusiasmante dell'appartenere ad un prestigioso Reparto. Forse se il libro fosse stato più "esplicito" non avrebbe trovato la pubblicazione, ma sono solo mie riflessioni assolutamente personali, che nulla tolgono alla bellezza di queste pagine.
Qui le motivazioni del conferimento della M.O.V.M.:
http://www.esercito.difesa.it/comunicazione/pagine/adorno_141104.aspx
Tirando le conclusioni: gran bel libro che farà finalmente capire a molti l'impegno assoluto e costante dei nostri militari d'Elite in teatri operativi impegnativi al fianco (ed al pari, quando non superiori in qualità) di tutte le altre Forze Armate NATO.
Adesso invece una critica: il libro è corto, si legge in circa due ore, è meno di 200 pagine. Costa 15,30 €. L'Ebook 9,99 € E' vero che non bisognerebbe lamentarsi di un libro scritto bene come questo, che soddisferà la maggior parte dei lettori. Però a volte bisogna vedere la media del mercato, secondo me.
La colpa non è sicuramente degli autori, ma al solito, se c'è crisi nell'editoria, è anche per questo. Mondadori: non cercare di lucrare troppo su chi cerca di capire finalmente cosa i nostri militari hanno fatto negli ultimi sedici anni. Se questo libro venderà è per quello che c'è scritto nelle sue pagine, non perché è pubblicato da Mondadori.

25.3.17

Per chi volesse scrivere un romanzo (Parte 1 - 4)

Dieci anni di attività di scrittura da hobbista e tre romanzi pubblicati non mi qualificano certo come scrittore famoso. Ma rappresento sicuramente quella fetta di autori dilettanti che da anni pubblicano e vendono le loro opere su piattaforme online. Quello che sto per scrivere proviene da considerazioni (assolutamente personali) di un autore che ha avuto i suoi due ultimi romanzi da più di un anno sempre entro i 30 titoli più venduti su Amazon nella categoria Azione/Avventura.

Intanto dico subito che non si guadagna molto.
Il guadagno medio per la vendita di una copia (sia cartacea che in versione Ebook) oscilla tra i 75 centesimi e i 2 €.
Tutti i vostri guadagni dovranno essere dichiarati nella vostra Dichiarazione annuale dei Redditi e, per l'attuale legislazione in materia, per coloro che hanno meno di 35 anni la tassazione sarà del 40%, per gli over-35 è del 25%. NON chiedetemi perché un autore con più di 35 anni d'età debba avere quasi la metà in meno di trattenute di un autore più giovane. Ho rinunciato da tempo a comprendere il sistema fiscale italiano. Obbedisco e basta. 

Questo post non è un inno all'Autopubblicazione, ma è evidente che il panorama dell'editoria stia cambiando molto velocemente. Le case editrici, anche la più famosa in assoluto in Italia,  per avere la liquidità necessaria per sistemare un bilancio  non roseo, pubblica insipidi istant book di "biografie" di Youtuber italiani. I maggiori profitti a breve termine sono derivanti dalle vendite di questa categoria di libri, senza eccezioni. Questo è il sintomo ultimo della crisi d'identità delle case editrici "famose". Quindi direi che si può anche evitare il sogno di essere pubblicati da una casa editrice "conosciuta", perché si cerca gente già famosa che attiri subito lettori incuriositi. Punto. Non hanno più i soldi e le risorse da rischiare su un potenziale bravo autore sconosciuto. Ogni tanto qualcuno organizza dei concorsi per scrittori emergenti, ma sono cose sempre più rare e per argomenti di letteratura mainstream.

Nell'editoria anglosassone, che ha sempre dettato i ritmi e la direzione da prendere negli ultimi vent'anni, i romanzi pubblicati in maniera indipendente sono oggetto di scrupolosa analisi, specialmente quelli immessi sul mercato dalla piattaforma Kindle Direct Publishing. Due dei maggiori successi letterari degli ultimi anni, che tutti riconosceranno anche per i relativi adattamenti in film, sono di due autori che inizialmente si sono autopubblicati. Una è Erika Mitchell (50 sfumature di grigio) e l'altro è Andy Weir (The Martian - Sopravvissuto). Entrambi, rifiutati inizialmente dalle case editrici "tradizionali", decisero di pubblicarsi sul circuito Amazon. Hanno venduto moltissime copie (nel 2011 anch'io comprai il romanzo "The Martian" autopubblicato a .99 centesimi) e questo ha attirato l'attenzione proprio di quelle case editrici che gli avevano rifiutato inizialmente i manoscritti. Il resto è storia.
Oggi è normale che tutte le case editrici anglosassoni guardino scrupolosamente le classifiche di vendita Kindle di autori indipendenti. Non c'è più bisogno di selezionare manoscritti: contattano direttamente chi vende di più, perché sanno che il pubblico ne ha già decretato il potenziale di vendita.

In Italia questo comportamento da parte delle case editrici è alieno, in quanto vedono Kindle Direct Publishing come un fenomeno folkloristico al pari di un blog un po' sofisticato.

Vantaggi e svantaggi dell'autopubblicazione rispetto ad una Casa Editrice medio-grande

Autore hobbista con un romanzo finito
Auto pubblicarsiCasa Editrice tradizionale
Correzione delle bozze/revisione della qualità dell'opera in generaleE' completamente a carico dell'autore. Dedicherò un post a questo argomento specificoParzialmente disposta a fare una revisione delle bozze utilizzando spesso personale esterno che ha ottime competenze di revisione del testo, ma scarsa specializzazione sul tipo di testo specifico.
Promozione del libroTutte le iniziative sono a carico dell'autore. Ovvero: campagne sui Social, organizzazione di eventi presso librerie/circoli culturali.A meno di non essere personaggi già introdotti nel mondo dei media/spettacolo,  tutte le iniziative sono a carico dell'autore. Non hanno più risorse da investire su autori "normali"
Distribuzione nelle librerie
Sostanzialmente assente. L'autore, da solo, organizza dei "conti vendita" presso librerie di mentalità "aperta"
Se c'è domanda dal mercato la Casa Editrice fa l'unica cosa che è rimasta capace di fare: ordinare copie ad una tipografia e spedire le copie stampate alle librerie che ne fanno richiesta
Puntualità dei pagamenti e resoconto delle copie vendute in tempo reale.L'autore ha a disposizione strumenti di reportistica sulle vendite molto affidabili. I pagamenti sono puntuali, solitamente bimestrali.I pagamenti avvengono un po' quando ci si riesce, avere dei report sulle vendite dalla Casa Editrice non è impresa semplice. Più una Casa Editrice è grande, più ci tiene ad essere "burocratizzata". Fa sentire importanti.
Diritti sul manoscrittoSempre di proprietà dell'autore.Dipende dal contratto.

  Se il libro che avete scritto è decente, il mercato se ne accorgerà.
Magari non istantaneamente, però il passaparola tra i lettori anche nel 2017 è fondamentale per la promozione dell'opera. Il fatto che ormai qualsiasi sito web di e-commerce e/o di vendita di Servizi abbia una sezione che permetta di lasciare un Feedback è indicativo: la gente si fida di quello che dice altra gente. In qualità di autori dovete solo preoccuparvi di quello. Le critiche di "esperti" (ma chi?) che vi stroncano o, al contrario, vi elogiano il libro, sono poco significative. E' il cliente Amazon/Anoobii/GoodReads che lascia una recensione e le relative stelline che decreterà il successo (o meno) della vostra pubblicazione.
Lo so che sono cose che fanno venire la pelle d'oca, perché si può anche finire "vittime" di gente che, per svariati motivi, trae soddisfazione a fare recensioni negative solo perché ha la possibilità di farlo. Tripadvisor tutti i giorni deve gestire dispute di questo tipo nella sua Community.
Solo un consiglio: non replicate a recensioni negative palesemente forzate e non giustificate. Anzi, in generale, non replicate MAI alle recensioni dei vostri lettori.

Ora sono abbastanza sicuro che vi aspettiate che dia consigli sul come vendere di più. No: evito accuratamente questo argomento. C'è gente che di mestiere, pur non avendo mai pubblicato un singolo romanzo, consiglia gli autori emergenti sul come far vendere più copie. Purtroppo questi personaggi fanno leva sull'atavica insicurezza di un autore alle prime armi.
Io riassumo il tutto così:
Se scrivete solo in italiano avrete accesso ad un mercato molto ristretto di lettori. Chi fa i "soldi" sul serio sono quegli autori che vengono tradotti in almeno quattro lingue. La pubblicazione su diversi mercati esteri porta guadagni superiori, ad esempio, dell'adattamento televisivo e/o cinematografico della propria opera sul solo mercato italiano. Inoltre gli autori a tempo pieno è gente che in continuazione si barcamena per fare comparsate in TV (retribuite), comparsate alla radio (non sempre retribuite), scrivere trafiletti su quotidiani (retribuiti) e articoli su riviste (retribuiti). Sono pochissimi quelli che campano decentemente pubblicando solo un singolo romanzo in italiano all'anno e vivono nell'assoluto anonimato multimediale.

Se il vostro libro è degno di attenzione, venderà. Se non vende, cercate di capire dove avete sbagliato.
Non ci sono formule segrete. Va bene fare campagne su Facebook/Twitter, ma inutile esagerare. Difficilmente l'investimento in pubblicità a pagamento restituisce grandi risultati in vendite. 
Immagino anche che vada bene tenere un blog sempre aggiornato. Ma se non fate come Marco Montemagno, ovvero diverse ore di lavoro quotidiano per fare delle clip video di tre minuti ogni santo giorno, per tutto l'anno, i Social servono a poco.

Riassumendo:
 Se il vostro libro ha reali potenzialità per il mercato, nel 2017, autopubblicarsi o essere pubblicati da una casa editrice, è assolutamente equivalente. Ma come autori indipendenti avrete più flessibilità e guadagni pagati con maggiore puntualità, anche se potenzialmente inferiori perché non sarete distribuiti nelle librerie fisiche. Ma su Amazon avete la stessa identica visibilità di un autore famoso e presente sul mercato da decenni. E' il mercato che decide. E' finita l'epoca degli autori "imposti" al pubblico.

Vale ancora la pena spedire manoscritti alle Case Editrici? Sì, ma solo in tre casi specifici:
  • Avete scritto un libro che non è un romanzo, ma è -ad esempio- un testo scientifico/tecnico molto specialistico e settoriale. Rivolgetevi a case editrici specializzate su quell'argomento e verrete quasi sicuramente pubblicati. Non aspettatevi però grandi numeri nelle vendite: di Carlo Rovelli ce n'è solo uno...
  • Conoscete qualcuno all'interno della Casa Editrice che sappia veicolare alla persona giusta il vostro manoscritto, facendolo spiccare su tutti gli altri. Mi spiace, ma è ancora così. Pensate che nei paesi anglosassoni esiste gente che di mestiere fa solo questa cosa specifica (e si fa pagare per farlo), il famoso Agente Letterario. C'è l'equivalente italiano, ma è una figura più ambigua ed introdotta da relativamente poco. Prima si chiamavano "faccendieri"
  • Siete stati protagonisti di un famoso fatto di cronaca a livello nazionale. In questo caso le Case Editrici faranno letteralmente a pugni per avere i diritti sul vostro scritto/testimonianza
In tutti gli altri casi... Non è più come solo dieci anni fa. Non leggono più i manoscritti che vengono spediti. L'ultima volta che qualcuno ha pubblicato la vita di un "talent scout letterario italiano" si rifaceva ad episodi del 2009. 

Tutto bene, quindi? Tutto meravigliosamente perfetto?
Assolutamente no. Kindle Direct Publishing (e servizi equivalenti meno famosi) da la possibilità di vedere pubblicate vere e proprie bestialità. Autori senza idee, svogliati nel rifinire il loro lavoro, vengono messi online esattamente come gli autori più famosi. Ovviamente questo è gradito come il fumo negli occhi dai cosiddetti "intellettuali" e le case editrici più ortodosse, perché temono che il "rumore di fondo" di questa moltitudine di autori improvvisati possa distogliere il lettore  dall'acquistare (sempre sul soldo si ricade...) libri "decenti", scritti "decentemente".
In risposta a questo atteggiamento invito a rileggere le considerazioni di apertura di questo post. Quali sono gli attuali titoli bestseller delle "più famose case editrici italiane"? Le biografie dei Youtuber.

Non c'è altro da aggiungere.

La prossima puntata sarà "come organizzare le idee, pianificare la trama, i personaggi e la gestione del tempo di scrittura"